giovedì 13 maggio 2010

Parla il sindaco del comune lucano che nel 2003 rifiutò di diventare discarica delle scorie sporche .

FONTE :/www.ntnn.info/it

Le mie domande al governo italiano
Salvatore Iacobellis*, primo cittadino di Scanzano Jonico che sette anni fa promosse “la carica dei centomila” contro il dl che prefigurava un deposito di materiale radioattivo in Basilicata, mette sotto la lente d'ingrandimento la politica energetica dell'Italia. Diciassette quesiti che aspettono risposta.

Come si determina il prezzo dell’energia elettrica in Italia? Perché manteniamo in esercizio centrali nucleari obsolete che, di fatto, fanno lievitare il prezzo dell’energia elettrica?




Si afferma che con il nucleare il costo dell’energia elettrica diminuirà. Come mai in Svizzera è aumentato e in Germania costa 2,5 volte più che in Francia? Il prezzo dell’energia elettrica prodotta con il nucleare è basso soltanto dove è sostenuto dallo Stato?




Considerato che anche l’uranio inizierà a scarseggiare nei prossimi 35-40 anni, perché non dobbiamo sviluppare la più importante fonte energetica che la natura mette da sempre a nostra disposizione, senza limiti, a costo zero, cioè il sole?




Perché l’Italia non punta sul nucleare innovativo che consiste nella possibilità di usare il torio, un elemento largamente disponibile in natura, per alimentare un amplificatore nucleare? Si tratta di un acceleratore, un reattore non critico, che non provoca reazioni a catena, non produce plutonio, e dal torio non si tira fuori una bomba e si taglia definitivamente il cordone tra nucleare civile e militare. Carlo Rubbia ha già progettato un impianto di questo tipo e la tecnologia sperimentata con successo su piccola scala. Un prototipo di 500 milioni di euro servirebbe per bruciare le scorie nucleari ad alta attività del nostro Paese e produrrebbe allo stesso tempo una discreta quantità di energia elettrica. In pratica si possono rendere inerti le scorie nucleari tramite il loro bombardamento con i neutroni che si ottengono sparando protoni nel piombo fuso.

Il reattore di Rubbia è una fissione nucleare con amplificatore di energia: si sparano protoni con un acceleratore di particelle all’interno di un contenitore di piombo liquido; dal piombo escono neutroni che colpiscono barre di torio che innescano la fissione nucleare. Al posto del torio si possono usare le scorie, che decadono e si spengono. Perché, dunque, accordarsi con la Russia e sviluppare il reattore termonucleare 'IGNITOR' che dopo decenni di ricerche è ancora solo un sogno?




Una centrale nucleare costa 4-5 miliardi di euro e per la sua costruzione occorrono dieci anni. Resta poi il problema delle scorie. Una centrale solare termodinamica, con una soluzione di sali fusi a 600 gradi, che rilascia calore anche di notte, costa 200 milioni di euro, si realizza in 18 mesi e produce 64 megawatt. Con 20 impianti di questo tipo si produce un terzo di energia di una centrale nucleare di 1 gigawatt, i costi sono ancora elevati, ma si ripagano in sei anni e l'impianto ne dura trenta. Una tecnologia che si può sviluppare anche nei deserti (vedi progetto Desertec) e poi trasportare l’energia elettrica attraverso grandi reti a corrente continua, a chi obietta che nelle zone assolate c’è poca acqua, risponde indirettamente Rubbia, il quale in Spagna sta sviluppando nuovi impianti solari che funzionano come i motori a reazione degli aerei, cioè riscaldano l'aria compressa. I jet sono affidabili e semplici da costruire. Così saranno le centrali del futuro. Perché non si va verso questa direzione?




L'accordo per la Francia per la costruzione in Italia di 4 centrali nucleari con tecnologia Epr sembrerebbe un affare soltanto per le aziende francesi e per il governo di Parigi, giacchè alle aziende italiane (se saranno certificate) andrebbe in appalto una quota del 40%. La francese Areva, di proprietà pubblica, è in grande difficoltà ed è legittimo il timore che saremo noi italiani a risanare i suoi conti in rosso: ha sforato il budget nella costruzione della centrale finlandese di Olkiluoto; Siemens, che partecipava all’avventura finlandese con Areva, si è defilata lo scorso anno ed ha ancora un contenzioso aperto con il governo finlandese; la costruzione del reattore di Flamanville, in Francia, è in ritardo e i costi sono lievitati del 20%. Arriva l'Italia e acquista 4 centrali.... e salva la Areva. L'accordo sottoscritto dal governo italiano con i francesi si configura, quindi, come un vero e proprio aiuto di Stato a un’azienda in difficoltà di Stato. Peccato che lo Stato non sia quello italiano, ma francese.


Indipendentemente dall'esito del contenzioso costituzionale tra Stato e Regioni, è bene ricordare che a seguito del risultato del referendum costituzionale del 1987, che abrogò tre norme sottoposte a votazione, se un Comune d’Italia si rifiuta di accogliere una centrale nucleare, il governo non può imporglielo; il governo non può promettere contributi statali come forma di persuasione verso alcun Comune; Enel non può partecipare alla costruzione di centrali nucleari neanche all’estero (l'Enel ha ignorato questo divieto già nel 2006 partecipando alla costruzione di un impianto in Croazia); ventiquattro aziende venete, di cui tre veronesi (Casagrande, Leyer, Mondini Cavi) sono interessate all'affare con la francia, sebbene il presidente del Veneto, Luca Zaia, dice di non volere le centrali nella sua regione. E i cittadini che espressero il loro dissenso con nel referendum come li consideriamo? E’ giusto non tenerne conto?

Se si considerano i costi di trattamento e di stoccaggio delle scorie nucleari, il costo dell’energia elettrica prodotta con il nucleare è poi così conveniente? E se si tiene conto del costo di smantellamento? E’ così elevato che i francesi preferiscono ristrutturare i loro vecchi reattori piuttosto che costruirne di nuovi (solo un impianto Epr è in costruzione) e per la prima volta, dopo 27 anni, a causa dei guasti sui loro vecchi cinquanta reattori, hanno acquistato energia elettrica fuori dai confini francesi.


Perché non si fanno forti investimenti sulle 'Smart Grids', reti intelligenti di distribuzione di energia elettrica con tecnologia informatica, visto che oggi, l’inadeguatezza della rete elettrica è gestita staccando l’eolico nei periodi di picco, per cui per colpa della rete si limita al 30% la potenzialità dell’eolico in Italia? Accedere alla rete per le fonti rinnovabili equivale alla democrazia della rete, importante quanto la democrazia della produzione di energia elettrica. Perchè non si investe anche sulle super 'Grids', linee ad alta tensione in corrente continua per trasportare elettricità ad enormi distanze con grande efficienza, dal deserto o dai grandi parchi eolici dell’Europa Settentrionale?




Perché nonostante il parco centrali elettriche italiane sia in grado di coprire il fabbisogno interno sia di base sia di picco, importiamo energia dall’estero?




Il gioco di importare energia elettrica dalla Francia di notte, perché più conveniente visto che le centrali nucleari non si possono regolare, e di spegnere le nostre meno efficienti non rende il nostro sistema poco flessibile? Non sarebbe meglio renderle più efficienti?




Perché anche i Paesi privi di centrali nucleari hanno costi di produzione dell’energia elettrica inferiori all’Italia (dal 25 al 45%)? La presenza o meno di impianti nucleari non influenza più di tanto il prezzo finale al pubblico.




Perché in Italia il 7% della bolletta elettrica è costituito da prelievi CIP6, formalmente introdotti per finanziare le energie rinnovabili, ma in pratica utilizzati in gran parte, in violazione delle normative europee, per finanziare l’incremento dei rifiuti solidi urbani da combustione di scarti di raffineria?




Come si può affermare che l’unica modalità di generazione dell’energia che potrebbe considerarsi interna è quella che fa affidamento sulle fonti rinnovabili, visto che la dipendenza estera francese è a livelli paragonabili a quelli Ue?




Nel 2009 l'Enel ha potuto garantirsi una produzione di elettricità a prezzi concorrenziali grazie al 15% di fabbisogno coperto dall’idroelettrico. Quest'ultimo ha sopperito al fermo delle centrali a ciclo combinato, che con il calo della domanda rischiano di produrre energia in perdita. Si è valutata l’opportunità di aumentare i consumi di gas dal termoelettrico per esportare energia elettrica verso l’estero, visto che nei mesi invernali i prezzi oltralpe sono caratterizzati da un prezzo più elevato di quello italiano? Rendere il nostro sistema più flessibile ci consentirebbe di esportare energia.




L’agenzia 'American Indipendent Wisconsin Environment' ha affermato che per ridurre di 6 miliardi di tonnellate le emessioni di anidride carbonica bisognerebbe costruire 100 centrali nucleari e tenerle in esercizio per almeno vent'anni. Con lo stesso investimento in efficienza energetica ed energie rinnovabili si potrebbe ottenere il doppio nello stesso periodo di tempo. Non sorge il dubbio che abbiamo intrapreso la strada sbagliata?




Italia e Francia si sta sempre più sottraendo alla sfera d’influenza energetica americana: l’accordo del governo italiano con Parigi sul nucleare; con la Russia per il gasdotto 'South Stream', preferito al 'Nabucco' caro agli americani; l'intesa con il premier russo Vladimir Putin per la sperimentazione del reattore termonucleare 'Ignitor', per la costruzione di una centrale nucleare a Kaliningrad e per la distribuzione dell’energia elettrica attraverso Enel e la russa Inter-Rau Ues. L'altra sponda dell’Atlantico si allontana sempre più. Quali scossoni diplomatici dobbiamo aspettarci.




*Sindaco di Scanzano Jonico dal 2006

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