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Il nuovo rapporto dell’Ilo sul lavoro minorile rileva un rallentamento nel ritmo della riduzione globale del lavoro minorile, che mette a rischio l'obiettivo di eliminare le forme peggiori di sfruttamento infantile entro il 2016.
Il lavoro minorile continua a diminuire, ma più lentamente. Lo afferma il Rapporto Globale sul lavoro minorile presentato dall’Ilo, l’agenzia dell’Onu che si occupa di lavoro, alla vigilia della Conferenza globale sul tema che si svolge all’Aia dal 10 all’11 maggio. Dal 2004 al 2008 si è registrato un calo del 3 per cento nel numero di bambini lavoratori, che sono passati da 222 a 215 milioni. Un rallentamento nel ritmo della riduzione globale se confrontato con il calo del 10 per cento relativo al periodo 2000-2004.
La crisi economica potrebbe frenare ulteriormente i progressi volti all’eliminazione entro il 2016 di tutte le peggiori forme di sfruttamento minorile. Tale obiettivo, fissato in seguito ai risultati positivi emersi dal precedente rapporto del 2006, rischia ora di non essere raggiunto. “I progressi sono irregolari”, ha affermato Juan Somavia, direttore generale dell’Ilo, “non abbastanza rapidi né sufficientemente ampi per raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati”. “La recessione economica non può diventare una scusa per ridurre le ambizioni. Sono necessari nuovi sforzi su vasta scala”, ha concluso.
Il nuovo rapporto Accelerare l'azione contro il lavoro minorile denuncia che il numero di minori lavoratori a livello mondiale è di 215 milioni, appena sette milioni in meno rispetto al 2004. I bambini esposti a lavori pericolosi, che includono le forme peggiori di lavoro minorile, sono 115 milioni.
I dati variano in base all’età, al genere e alla zona geografica. I progressi maggiori si sono registrati nella fascia di età da 5 a 14 anni, dove il numero dei bambini lavoratori è diminuito del 10 per cento. Il numero delle bambine coinvolte nel mondo del lavoro è diminuito di 15 milioni, 15 punti percentuali, ma quello dei maschi è aumentato di 8 milioni o 7 punti percentuali. La riduzione più significativa si è registrata nelle regioni dell’Asia-Pacifico, dell’America Latina e dei Caraibi, mentre in Africa, dove un bambino su quattro è coinvolto in un’attività economica, ci sono stati pochi progressi. L’incidenza del lavoro minorile continua a essere elevata anche in Asia meridionale e centrale e in alcune zone del Caucaso.
Constance Thomas, direttore del programma dell’Ilo per l’eliminazione del lavoro minorile (Ipec), ha identificato le principali sfide da affrontare: dare nuovo impulso alla lotta al lavoro minorile nel settore agricolo e combattere le forme “occulte” di sfruttamento. “La possibilità di raggiungere l’obiettivo del 2016”, ha dichiarato Thomas, “dipende dall’atteggiamento dei governi che devono considerare la crisi come un’opportunità per mobilitare la volontà politica necessaria e dare priorità alla lotta allo sfruttamento minorile come investimento proficuo per il futuro”.
Dieci anni dopo l’ultima Conferenza globale sul Lavoro minorile, l’iniziativa dell’Aia serve a ridare vigore alla campagna globale contro il lavoro minorile e a sollecitare le risposte dei governi. (NTNN)
(F.G.)
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